COME INTERPRETARE I PRIMI CAPITOLI DELLA GENESI?

la creazione di Adamo_dettaglio

Prima di addentraci nel Libro della Genesi, dobbiamo innanzitutto capire come interpretralo. 

Il monaco statunitense Padre Seraphim Rose, sull'argomento, scrisse un interessante libro intitolato "Genesis, Creation and Early Man" col quale spiegava il punto di vista degl'ortodossi in merito alla Genesi. Padre Rose, infatti, fu un religioso della "Chiesa ortodossa russa fuori dalla Russia". Tale Chiesa, il cui nome è un pò uno scioglilingua, nacque al tempo dell'Unione Sovietica, da una costola di quella russa, in risposta all'ateismo di stato dei paesi del blocco comunista. E' chiamata anche "Chiesa Ortodossa russa all’estero". Dell'opera di Padre Rose, più che sposarne i contenuti (in merito ai quali, comunque, si può essere d'accordo o meno), mi piace citare il seguente brano poiché spiega bene quanto problematico sia l'approccio ai primi capitoli della Genesi.

In un certo senso, nessuno di noi sa come affrontare questo libro. La scienza moderna e la filosofia hanno riempito le nostre menti con così tante teorie e presunti fatti circa le origini dell'universo e dell'uomo, che inevitabilmente arriviamo a questo libro con nozioni preconcette. Alcuni vogliono che esso sia d'accordo con le loro particolari teorie scientifiche; altri cercano di fare in modo che sia in disaccordo. Entrambi guardano al libro come se avesse qualcosa di scientifico da dire; ma altri lo vedono come pura poesia, un prodotto di immaginazione religiosa che non ha nulla a che fare con la scienza. La questione centrale che causa le nostre difficoltà nella comprensione di questo libro è: quanto "letteralmente" dobbiamo leggerlo?
Alcuni fondamentalisti protestanti ci dicono che è tutto (o quasi tutto) "letterale". Ma questo punto di vista ci mette in difficoltà impossibili: a parte la nostra interpretazione letterale o non letterale dei vari passaggi, la natura stessa della realtà che è descritta nei primi capitoli della Genesi (la stessa creazione di tutte le cose) rende del tutto impossibile che tutto sia da intendersi "letteralmente"; non abbiamo nemmeno parole, per esempio, per descrivere "letteralmente" come qualcosa possa venire dal nulla. In che modo Dio "parla"? Faceva un rumore che risuonava in un'atmosfera che ancora non esisteva? Questa spiegazione è ovviamente un po' troppo semplice – la realtà è più complessa. Poi c'è l'estremo opposto. Alcune persone vorrebbero interpretare questo libro (almeno i primi capitoli che creano la maggior difficoltà) come un'allegoria, un modo poetico di descrivere qualcosa che in realtà è molto più vicino alla nostra esperienza. 

Detto ciò, in merito ai primi capitoli della Genesi, esistono, almeno, tre diverse scuole di pensiero: 

1) da un lato c'è quella fondamentalista, secondo la quale non solo la Genesi ma un pò tutta la Bibbia andrebbe interpretata alla lettera

2) sul fronte opposto, invece, stanno coloro che la considerano solo e soltanto una lunga allegoria a sfondo religioso 

3) nel mezzo, infine, stanno coloro che pensano che talune cose vadano interpretate alla lettera e altre no.

La corrente "fondamentalista", soprattutto in merito alla Genesi, è rappresentata, in primis, dagl'evangelici (protestanti) e dai Testimoni di Geova, a seguire da alcune chiese ortodosse e da una parte dell'ebraismo. La corrente "allegorica", invece, è rappresentata, soprattutto, dai "modernisti" (ce ne sono presso tutte le varie confessioni cristiane). La Chiesa Cattolica, invece, si pone in quel filone di mezzo di cui al punto 3.

Infine vi sono i non credenti che equiparano i racconti della Genesi alla mitologia.

Il padre domenicano Jacques M.Vosté, segretario della Pontificia Commissione per gli studi biblici, in una lettera datata 16 Gennaio 1948, scriveva al Cardinale Emmanuel Célestin Suhard, Arcivescovo di Parigi, le seguenti parole:

..invitiamo gli studiosi cattolici a studiare questi problemi [quelli relativi alla nascita del Pentateuco] senza alcun partito preso, alla luce di una sana critica e dei risultati delle altre scienze coinvolte in queste materie, e un tale studio riuscirà senza dubbio a stabilire la grande portata e la profonda influenza di Mosè come autore e come legislatore.

La questione delle forme letterarie dei primi undici capitoli della Genesi è ancora più oscura e complessa. Queste forme letterarie non corrispondono ad alcuna delle nostre categorie classiche e non possono essere giudicate alla luce dei generi letterari greco-latini o moderni. Non si può allora negarne né affermarne in blocco la storicità senza applicare a torto ad essi le regole di un genere letterario sotto il quale non possono essere classificati. Se si è d'accordo a non vedere in questi capitoli della storia nel senso classico e moderno, bisogna però anche ammettere che gli attuali dati scientifici non permettono di dare una risposta positiva a tutti i problemi che questi capitoli pongono. Il primo dovere che spetta qui all'esegesi scientifica consiste innanzi tutto nello studio attento di tutti i problemi letterari, scientifici, storici, culturali e religiosi connessi con questi capitoli; bisognerebbe poi esaminare da vicino i procedimenti letterari degli antichi popoli orientali, la loro psicologia, il loro modo di esprimersi e la loro stessa nozione di verità storica; bisognerebbe, in una parola, radunare senza pregiudizi tutto il materiale delle scienze paleontologica e storica, epigrafica e letteraria. Soltanto così si può sperare di vedere più chiaramente la vera natura di certi racconti dei primi capitoli della Genesi. Dichiarare a priori che i racconti in essi contenuti non contengono storia nel senso moderno del termine, lascerebbe facilmente intendere che essi in nessun senso ne contengono, quando invece essi riferiscono con un linguaggio semplice e figurato, adatto all'intelligenza di un'umanità meno progredita, le verità fondamentali presupposte dall'economia della salvezza, insieme alla descrizione popolare delle origini del genere umano e del popolo eletto. Nel frattempo occorre esercitare la virtù della pazienza, che è prudenza e saggezza di vita.

In quella stessa lettera, Padre Jacques Vosté, citando l'enciclica Divino Afflante Spiritu di Papa Pio XII,  scrisse anche: «L'esegeta cattolico, spinto da un amore attivo e coraggioso per la sua disciplina, sinceramente devoto alla nostra Santa Madre Chiesa, non deve in alcun modo trattenersi dall'affrontare con costanza le difficili questioni che sino ad oggi non sono ancora state risolte, non soltanto per respingere le obiezioni degli avversari, ma anche per tentare di trovare loro una solida spiegazione, in perfetto accordo con la dottrina della Chiesa, specialmente quella riguardante l'inerranza biblica, e capace allo stesso tempo di soddisfare pienamente le conclusioni certe delle scienze profane. Gli sforzi di questi valorosi operai della vigna del Signore meritano di essere giudicati, non soltanto con equità e giustizia, ma anche con perfetta carità; che tutti gli altri figli della Chiesa se ne ricordino. Costoro devono guardarsi da quello zelo tutt'altro che prudente, che stima doversi attaccare o vedere come sospetto tutto ciò che sa di novità».

Personalmente, faccio mie le parole del Santo Padre Pio XII, citate da Padre Jacques Vosté e da me sottolineate di rosso, con le quali si dice sia dovere dell'interprete cattolico, sinceramente attaccato alla Santa Madre Chiesa, ribattere le obbiezioni degli avversari e cercare una solida spiegazione che s'accordi lealmente sia con la Dottrina della Chiesa che con le conclusioni considerate certe dalle scienze naturali.

http://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/pcb_documents/rc_con_cfaith_doc_19480116_fonti-pentateuco_it.html

http://w2.vatican.va/content/pius-xii/it/encyclicals/documents/hf_p-xii_enc_30091943_divino-afflante-spiritu.html

Possiamo dire, allora, che Papa Pacelli non solo non condannò ma, sotto certi aspetti, addirittura promosse il cosiddetto "concordismo" (a patto, ovviamente, di non ledere la  Dottrina della Chiesa). 

Il vocabolario della Treccani definisce così la parola "concordismo":

concordismo s. m. [der. di concordia]. – Tendenza a interpretare il testo biblico sulla creazione del mondo in modo tale da mostrare la sua concordia fondamentale con i risultati delle moderne indagini scientifiche.

Ebbene, io penso che in tale "tendenza" non ci sia nulla di male, a patto, ovviamente, come dicevo poc'anzi, che nessuna verità di fede venga negata. Molti, però, ne contestano la validità; gli atei, ad esempio, non lo accettano poiché dicono che la Bibbia non sia stata ispirata da alcun Dio. Il concordismo, pertanto, per i non credenti, equivarrebbe a far dire all'autore biblico ciò che questi neppure aveva lontanamente pensato. Purtroppo, però, anche tanti cristiani non lo approvano perché convinti, ormai, che l'inerranza biblica riguardi solo e soltanto le verità di fede. Ci sono, poi, i "fondamentalisti" (sia tra i cristiani, che tra gli ebrei) i quali disapprovano, anch'essi, il concordismo poiché, a sentir loro (come già accennavo prima), ogni singola parola della Bibbia andrebbe, in realtà, interpretata alla lettera senza, dunque, "scendere a compromessi" coi risultati delle moderne indagini scientifiche.

Cito, allora, ciò che ha scritto, a riguardo, il professor Boschetto sul suo sito:

Ora, questo ragionamento è profondamente sbagliato. Procedere così significa fare del "CONCORDISMO", cioè cercare di far dire al testo biblico ciò che l'autore non ha nessuna intenzione di dire, anzi NON PUÒ assolutamente dire, perché nel VI secolo a.C., quando venne  messa per iscritto la settimana della creazione, egli nulla sapeva delle ere geologiche! Né si può pretendere che Dio abbia ispirato a questo autore l'esistenza delle ere geologiche, che sarebbero state introdotte nel discorso scientifico solo millenni più tardi: sarebbe puerile sostenerlo, perché comunque nessuno avrebbe capito, allora, cosa l'autore intendeva. Il concordismo è sbagliato perché vuol trasformare la Bibbia da libro di fede in libro di scienze. Invece, secondo l'arguta espressione di Galileo Galilei, la Bibbia non ci dice "come vadia lo cielo", ma "come si vadia in cielo"!

http://www.fmboschetto.it/religione/Genesi/Genesi_1.htm

Mi spiace dirlo ma, almeno in tal caso, proprio non riesco ad essere d’accordo col professor Boschetto; anche perché la prima parte di quel suo brano sembra, senza offesa, scritta da un ateo anziché da un credente. L’ateo non crede che la Bibbia sia stata ispirata da Dio poiché neppure crede all’esistenza di un Dio; il concordismo, pertanto, nell’ottica del non credente, è assolutamente sbagliato perché nessun essere umano, migliaia e migliaia di anni fa, aveva conoscenze scientifiche rapportabili alle nostre. Noi cristiani, però, crediamo che la Bibbia sia stata ispirata da Dio (che è onnisciente). Il professor Boschetto afferma, però, che sia puerile, cioè infantile, pensare che Dio possa aver voluto ispirare certi concetti poiché nessuno in grado, all’epoca, di comprenderli.

Anche su questo non riesco ad essere d'accordo, almeno non del tutto. Nel precedente articolo, spiegando il perché la Genesi non usi un linguaggio come quello dei libri di scienza, scrissi questo:

"Dio avrebbe potuto, senz’altro, fare in modo che alcune pagine della Bibbia fossero scritte alla maniera dei moderni libri di scienza esplicitando concetti puramente scientifici quali l’atomo, le molecole, le cellule, il DNA, la forza di gravità etc. ma se avesse fatto ciò, migliaia e migliaia di anni fa, nessuno ci avrebbe capito un bel nulla, a cominciare dall’agiografo, e non capendo, tali persone neppure avrebbero creduto".

Il fatto che il linguaggio della Genesi non sia lo stesso dei moderni libri di scienza non vuol dire, però, come molti cristiani si sono voluti convincere, che quei brani della Bibbia siano scientificamente sbagliati o inesatti o che la loro validità sia scaduta col tempo (come accade col latte). E' perfettamente vero che certi concetti, migliaia di anni fa, fossero incomprensibili ma è altrettanto vero che Dio non ispirò la Bibbia solo e soltanto per gli ebrei vissuti migliaia di anni fa, o perché fosse accettata come vera e corretta solo dalla gente di quel tempo. Non mi sorprende, allora, che il testo biblico, usando una terminologia semplice e comprensibile, celi, al suo interno, verità più profonde; verità che l'uomo ha imparato a comprendere solo col trascorrere del tempo; né mi sorprende che molte pagine della Bibbia si conservino attuali pur essendo state scritte migliaia di anni fa. Non a caso, Nostro Signore disse che cielo e terra passeranno ma le sue parole mai (cfr. Matteo 24,35).

Padre Angelo Bellon, dell'ordine dei domenicani, in merito, ad esempio, al perché l'Antico Testamento non parli esplicitamente della S.S. Trinità, scrisse:

Non vi è alcun riferimento esplicito. Il pericolo per gli ebrei di quel tempo di considerare la Trinità come tre dei sarebbe stato fortissimo. Dopo che Cristo ci ha svelato il volto di Dio e siamo stati messi in grado di sapere che Dio è Trinità di persone, possiamo andare a rileggere l’Antico Testamento e cogliervi molti riferimenti impliciti. Ma questi riferimenti li vediamo noi, dopo la rivelazione di Cristo. Prima era impossibile  anche solo pensarvi.

http://www.amicidomenicani.it/leggi_sacerdote.php?id=3037

Sempre il buon padre Angelo, riguardo al termine "Elohim" (dei), plurale di El (dio), scrisse:

Il nome di Dio in ebraico veniva espresso anche con il termine “El”.

Molto spesso veniva indicato col plurale “Eloim”. Sebbene il più delle volte “Eloim” venga accompagnato con un aggettivo singolare.

2. Propriamente non si può parlare di svelamento del mistero della SS. Trinità nell’Antico Testamento, tuttavia i santi Padri hanno visto in questo termine, seguito anche dalle parole con le quali Dio ha creato il mondo “Facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza” una insinuazione del mistero della Trinità. Così dice, ad esempio la Bibbia di Gerusalemme in nota Gn 1,26.

3. Questi santi Padri, tutti di grande autorevolezza, sono Ireneo, Epifanio, Ambrogio, Agostino, Cirillo d’Alessandria, Cirillo di Gerusalemme, Gregorio Nisseno, Giovanni Crisostomo…

4. Qualcuno ha affermato che si tratterebbe solo di un plurale maiestatico oppure di una decisione presa insieme con la corte celeste (gli Angeli). Tuttavia se si collega questo versetto di Gn 1,26 con quello di Gn 3,22: “Poi il Signore Dio disse: «Ecco, l'uomo è diventato come uno di noi quanto alla conoscenza del bene e del male” si comprende bene come per i santi Padri e per molti esegeti appaia chiara l’insinuazione del Mistero della SS. Trinità.

Ebbene, lo stesso discorso, a mio avviso, vale anche per i contenuti di natura scientifica; il fatto che gli antichi non fossero in grado di coglierli non vuol dire che non ci siano, né vuol dire che il cosiddetto "concordismo" sia, a prescindere, sbagliato o che la Genesi ricalchi l'errata cosmologia dei popolo antichi. Del resto, se il concordismo fosse scorretto, dovremmo pensare che sbagliò pure Sant'Agostino il quale, nel "De Genesi ad Litteram", dopo aver proposto varie possibili interpretazioni al testo biblico, scrisse che "occorre cautela nell'interpretazione delle sacre Scritture", che "nell'interpretare passi oscuri della sacra Scrittura non si debba affermare nulla  di temerario" e che "la Genesi vada interpretata senza asserire un'unica opinione ma proponendone varie".

20. 40. Considerando questa presunzione e al fine di guardarmene, io stesso ho cercato di spiegare in diversi sensi - per quanto sono stato capace - e di proporre [diverse] interpretazioni delle frasi del libro della Genesi, enunciate in modo oscuro per tenerci in [continua] riflessione. Per questa ragione non ho voluto sostenere alla leggera un'unica interpretazione con pregiudizio d'un'altra spiegazione forse migliore, in modo che, ciascuno possa scegliere secondo la propria capacità il senso ch'è in grado di capire; quando però non riesce ad intendere, alla Scrittura di Dio renda onore ma per sé abbia timore. D'altra parte, siccome le espressioni della Scrittura da noi commentate offrono tante possibili interpretazioni, dovrebbero una buona volta imporsi un freno coloro che, gonfi di cultura profana, criticano queste espressioni, destinate a nutrire le anime pie, come cose prive di scienza e d'eleganza mentre essi, privi di ali, strisciano per terra e alzandosi in volo non più alto del salto delle ranocchie, si beffano degli uccelli nei loro nidi. Ma più pericoloso è l'errore di certi nostri deboli fratelli di fede, i quali ascoltando cotesti infedeli discorrere con facondia e sottigliezza sulle leggi che regolano i corpi celesti e su qualsiasi problema relativo alle cause fisiche di questo mondo, perdono il controllo di sé e sospirando si reputano inferiori a quei tali credendoli dei grandi personaggi e solo con ripugnanza riprendono in mano i Libri della fede, ch'è la fonte preziosa della salvezza, e mentre dovrebbero assaporarne la dolcezza, li toccano a malincuore, sentendo avversione per l'asprezza delle messi, mentre agognano i fiori dei rovi.

http://www.augustinus.it/italiano/genesi_lettera/index2.htm

Sant'Agostino, sul finire del primo libro del De Genesi ad Litteram scrisse anche:

21. 41. Qualcuno mi dirà: "Dopo tanto battere il grano con questa tua dissertazione, quali chicchi ne hai ricavati? Che cosa hai trovato? Perché mai in coteste questioni quasi tutto rimane ancora oscuro? Pronunciati per una delle tante interpretazioni che hai dimostrato possibili". A costui rispondo d'esser giunto proprio al nutrimento gustoso, grazie al quale ho imparato che uno non si trova imbarazzato quando risponde conforme alla fede ciò che si deve rispondere agli individui che si piccano di muovere obiezioni capziose contro i Libri della nostra salvezza. In tal modo le tesi relative alla natura delle cose ch'essi potranno dimostrare con argomenti sicuri noi dobbiamo provare che non sono contrarie alle nostre Scritture, mentre tutto ciò che dai diversi loro libri addurranno contrario alle nostre Scritture, cioè alla fede cattolica, dovremo a nostra volta dimostrare, se ne avremo la capacità o, in caso contrario, credere senza la minima esitazione, che quelle tesi sono del tutto false: così crederemo fermamente al nostro Mediatore, in cui sono nascosti tutti i tesori della sapienza e della nostra scienza.

Dunque, premesso si debba usare cautela nell'interpretare la Bibbia, Sant'Agostino disse che quando la scienza è in grado di dimostrare talune cose con argomenti sicuri, il fedele, se ne avrà la capacità, dovrà dimostrare che tali argomentazioni non siano contrarie a quanto scritto nei Sacri Testi. Egli pertanto, con tali parole, non ha bocciato ma di fatto ha approvato quel che oggi è chiamato "concordismo"; almeno là dove questo non sia in contrasto con nessuna verità di fede della Chiesa Cattolica.

Lo stesso concetto, seppur con parole un pò diverse, fu esplicitato anche da Papa Pio XII nell'enciclica Divino Afflante Spiritu.